lunedì 11 marzo 2013

Regalità guerriera


Il segno della regalità originario è la spada. Il potere è rappresentato cioè dalla forza controllata, dalla capacità strategica che disciplina gli uomini. Re è colui che prima di tutto governa su se stesso. Chi non è capace di ciò è destinato a crollare, come Macbeth, consumato dalla propria avidità. L'asse spirituale si incontra a quello fisico e nella spada si fondono, affidandosi alle mani pure di colui che guida, il condottiero che nel suo nome compie il compito assegnatogli dal destino. 
L'impassibilità è un attributo tra i più mirabili della regalità. I re in origine, si pensi ai Romani o ai Greci o ancora ai Longobardi, non aveva tanto una funzione politica in senso moderno, quanto propriamente un ruolo guerriero. Il sovrano era il migliore tra gli aristocratici, colui al quale si affidava il compito di guidare in guerra l'esercito e nel cui nome si cercava la vittoria. La regalità non era una funzione burocratica, mercantilistica o, come oggi, di pura facciata, un retaggio di tempo ormai spenti. 
La vera regalità è l'eredità eroica che diventa storia e si manifesta nella politica in senso lato, nella sua vera realizzazione: la guerra. Sotto l'insegna del re tacevano le contese e le inimicizie tra clan e regni confinanti, poichè l'elezione del re avveniva nel patto tra guerrieri secondo la fedeltà che stringe i guerrieri alla reciproca lealtà. Una missione più alta, un bene più grande legava questi uomini e in battaglia il condottiero si faceva prima di tutto conquistatore dei suoi e di se stesso. Ciò insegna che la vera grandezza è nell'eroismo, nella rinuncia ai propri piccoli interessi, per compiere un sacrificio che innalza. Il re è esempio, è guida.

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