lunedì 18 marzo 2013

A legibus solutus



L’autorità nelle società primordiali era esercitata in prevalenza dagli appartenenti alla casta guerriera. Il ruolo eroico rivestito forniva loro il diritto di regnare e imporre la giustizia. Essi non regnavano per sete di potere o personalismo, ma nel compimento del proprio dovere, seguendo un modello di governo superiore. 
Non diversamente le comunità tradizionali fondavano la propria autorità sul principio eroico ed il re stesso aveva anche compiti prevalentemente militari. Il comando aveva origine dall’esercizio dell’arte della guerra e aveva quale simbolo di potere e giustizia la spada. 
Il retaggio guerriero che si manifesta nelle forme storiche sviluppate nello Stato aristocratico deriva dalle primordiali “società di uomini”, mannerbund. Il mannerbund è quindi il fulcro di vigore e disciplina da cui prende forma l’autentico governo. La società degli uomini è la cerchia ristretta che ammette al suo interno i migliori, destinati a dare una legge al proprio ordine comunitario, ispirandosi a un modello politico originario di giustizia disciplinata e differenziata. In loro non agisce un interesse di parte, ma un dovere verso il tutto e prima di tutto verso i pari.
L’entrata in una tale cerchia avveniva tramite un’iniziazione, la quale introduceva il giovane alla dimensione dell’uomo autentico nella sua pienezza, l’uomo inteso quale vir. Il vir inteso nella sua solida integrità eroica incarna l’equilibrio di cui Platone parla nella Repubblica a proposito del carro trainato dai due cavalli. Il cavallo bianco, l’ardore, e il cavallo nero, gli appetiti, devono essere in accordo e in equilibrio, adeguatamente guidati dalla ragione. Ma in fondo nella filosofia aurorale di Platone è l’ardore eroico a condurre verso l’alto, a spingere verso alte imprese e a tendere a un qualcosa di superiore fuori da sé. È quindi chiaro un richiamo, nel simbolo del carro come nel tema dell’onore e del furore, a una dimensione eroica propria ai guerrieri. Questo autocontrollo è il necessario attributo della virilità. Abbandonata una pura esistenza fisica legata alla sicurezza e al soddisfacimento dei propri interessi, l’appartenenza al mannerbund segna uno scarto verso una dimensione superiore, guerriera ed eroica in cui una forte lucidità corrisponde a un’affermazione virile del dovere, della responsabilità personale alla funzione e l’adesione spontanea ai principi di onore e fedeltà. 
Onore e fedeltà sono quindi le leggi vigorose di tale elite, il cui compito ultimo è quello di guidare la propria comunità, indirizzandola secondo giustizia e non secondo i propri interessi personali. Il diritto delle genti eroiche ha inizio dunque nella primordiale società degli uomini, nella cerchia di armati i quali innalzano a principio fondante l’onore guerriero e la disciplina militare. 
Da gruppi di questo genere prendono origine le stirpi regali. Dai clan imperiali – imperator essendo la guida dell’esercito – si sceglie per elezione o per acclamazione il regnante dello Stato originario. Il suo ruolo è quello di guida, il suo potere non può e non deve essere limitato – pur essendo soggetto a eventuale revoca. L’autentico sovrano è, quindi, a legibus solutus, non è soggetto alla legge, poiché è egli stesso la legge. Egli risponde a un compito più grande, impersonale, che consiste nell’instaurare un ordine secondo giustizia, un ordine dei ranghi in cui ciascuno trovi il proprio ruolo e funzione. 
È allora chiaro che ciò che sta a fondamento di un ordinamento, ciò che rigenera una società decaduta e contaminata, non può essere compromesso con essa. Perciò gli uomini che ancora oggi si richiamano al principio eroico e alla sua disciplina interiore ed esteriore e che, riuniti in clan guerrieri, vogliono darsi una legge propria, dura, gerarchica e virile, riconoscendosi in una primordiale tradizione - costoro saranno e non potranno che essere a legibus soluti, non ammettendo su di sé l’autorità di alcuna legge se non quella che la società degli uomini a cui appartengono sceglierà di darsi. 
Questo è il presupposto necessario di un’aristocrazia primigenia, spogliata del superfluo, distante dalle debolezze democratiche e purificata dal veleno egualitario. La sua iniziazione avverrà attraverso rituali guerrieri, semplici e significative prove e in simboli originari nei quali si raccoglierà il significato mitico del solco di fondazione. Tale memoria del più lontano passato li connetterà a una legge che non è umana, ma superiore e distruttrice di tutto ciò che è del mondo di oggi. Sarà un nichilismo attivo, mosso dall’aderenza alla legge vigorosa dell’esistenza mitica aurorale.

lunedì 11 marzo 2013

Regalità guerriera


Il segno della regalità originario è la spada. Il potere è rappresentato cioè dalla forza controllata, dalla capacità strategica che disciplina gli uomini. Re è colui che prima di tutto governa su se stesso. Chi non è capace di ciò è destinato a crollare, come Macbeth, consumato dalla propria avidità. L'asse spirituale si incontra a quello fisico e nella spada si fondono, affidandosi alle mani pure di colui che guida, il condottiero che nel suo nome compie il compito assegnatogli dal destino. 
L'impassibilità è un attributo tra i più mirabili della regalità. I re in origine, si pensi ai Romani o ai Greci o ancora ai Longobardi, non aveva tanto una funzione politica in senso moderno, quanto propriamente un ruolo guerriero. Il sovrano era il migliore tra gli aristocratici, colui al quale si affidava il compito di guidare in guerra l'esercito e nel cui nome si cercava la vittoria. La regalità non era una funzione burocratica, mercantilistica o, come oggi, di pura facciata, un retaggio di tempo ormai spenti. 
La vera regalità è l'eredità eroica che diventa storia e si manifesta nella politica in senso lato, nella sua vera realizzazione: la guerra. Sotto l'insegna del re tacevano le contese e le inimicizie tra clan e regni confinanti, poichè l'elezione del re avveniva nel patto tra guerrieri secondo la fedeltà che stringe i guerrieri alla reciproca lealtà. Una missione più alta, un bene più grande legava questi uomini e in battaglia il condottiero si faceva prima di tutto conquistatore dei suoi e di se stesso. Ciò insegna che la vera grandezza è nell'eroismo, nella rinuncia ai propri piccoli interessi, per compiere un sacrificio che innalza. Il re è esempio, è guida.