lunedì 27 gennaio 2014

Rito e appartenenza




Im Anfang war die Tat
Goethe, Faust

Accade spesso di considerare la propria esistenza – non: vita – come una noiosa ripetizione di cose già fatte. Così la parola week-end assume un significato tutto particolare, in sé sembra custodire una ricchezza quasi inesauribile di possibilità, svago, rottura della routine. Il lavoro, per chi lo ha, diventa una catena in cui non ci s’inserisce come un forte anello dal fondamentale ruolo di collegamento a fianco degli altri, ma come polvere ferrosa senza alcuna funziona effettiva. Perciò si cercano la “liberazione”, la fuga e il divertimento.
Eppure neanche gli svaghi del fine settimana, le notti bianche, i locali notturni, i grandi eventi sportivi, le vacanze costose e quant’altro bastano a colmare la inesauribile sete di relax e distrazione dell’uomo del XXI secolo. Cosa c’è di sbagliato in tutto questo? Perché questa insoddisfazione, nonostante la vasta scelta e la libertà da ogni vincolo?
Qualsiasi essere umano che abbia riflettuto ad un certo punto sulla propria condizione si sarà reso conto di sentire la mancanza di qualcosa di profondo, reale, concreto e duraturo – un qualcosa che non può essere fornito dal centro commerciale di fiducia o dal barman di turno. Questo qualcosa è il ruolo comunitario a cui ciascuno, in fondo, aspira. Avere un ruolo significa avere una funzione, avere una funzione significa avere doveri e responsabilità; avere doveri e responsabilità significa dover rispettare regole e leggi, spesso non scritte.
La ricerca scomposta dello svago e del tempo libero più che una conquista è una perdita, una caduta. Per l’uomo antico, come anche per quello medioevale, riposo e divertimento erano parte integrante di una precisa scansione temporale ciclica, all’interno della quale il lavoro e la tradizione erano pilastri portanti. Se oggi si fa un gran parlare di diritti di ogni genere, l’autentico spirito europeo si è nutrito di doveri, piccoli e grandi compiti da assolvere, obbiettivi da raggiungere – anche impiegando generazioni.
La scadenza temporale delle festività della fertilità o le rappresentazioni tragiche elleniche, per esempio, erano momenti fortemente rituali, in cui la comunità dei pari si riuniva e si ritrovava nel rispetto delle consuetudini tradizionali e delle leggi non scritte della comunità. In questo modo si riannodavano i legami di solidarietà, la memoria delle proprie radici nel mito originario e si dava nuovo vigore alla volontà operativa del popolo.
L’incapacità dell’uomo di oggi di reggere lo stress ne dimostra a tutti gli effetti la debolezza e l’inadeguatezza. È l’erede delle lotte sociali, delle battaglie per i diritti, dell’utopia dell’uguaglianza globale e della diffusione capillare della tecnologia, ma è incapace di reggere responsabilità e fatica senza il supporto di medicinali, psichiatri e personal coach. A cosa sono servite le battaglie per i diritti? Cosa resta nelle mani degli europei quando la marea del benessere consumistico si ritira? Sulla sabbia restano solo i gusci di un’eredità sepolta e sbiadita che possono e devono essere ricostruiti e resi nuovamente vivi, affinché si torni a vivere in accordo alla natura virile sorta dall’aurora europea.
L’illusione assai diffusa è che la libertà consista nel poter fare ogni cosa quando lo si desidera, senza doverne pagare le conseguenze. Qualcun altro si prenderà la responsabilità dell’errore. Il vuoto lasciato da questa concezione della libertà è però evidente e fortemente diffuso. L’autentica libertà è qualcosa di diverso da quanto oggi si crede, la libertà si realizza dell’orgoglio del proprio ruolo e della propria responsabilità, nella ricerca costante della virtù.
Abilità, conoscenza, responsabilità, intuito sono tutte parti di un mosaico che compone l’azione concreta ed efficace. L’uomo europeo è l’uomo d’azione, perché nell’agire egli realizza la sua capacità creativa e operativa, il suo grande orgoglio è la sua opera. Perciò l’inoperosità e l’ozio a cui nel XXI secolo invitano la TV e le giornate al centro commerciale sono l’esempio lampante dello sradicamento dalla realtà vitale dell’essere umano e del mondo.
L’essere autentico dell’uomo deve addestrarsi alla tensione, rafforzando le proprie debolezze, smussando la pigrizia, mettendo a tacere il disfattista che è sempre in agguato in ogni persona. Ridurre all’essenziale i propri bisogni, raffinare e indurire il proprio essere, giungere al nucleo vitale e pulsante della vita e comprendere così a fondo e realmente il proprio compito, il proprio destino, per conquistare la libertà virtuosa del dovere.
Ogni essere umano è un anello in una catena. Ogni catena è forte quanto il suo anello più debole. Perciò ciascuno che sia parte di una comunità dovrà addestrarsi alla forza, al miglioramento di sé. Imparare ad essere lucidi e operativi al massimo grado sotto pressione, autocontrollo e disciplina. La libertà sorge dal controllo di sé e dei propri bassi impulsi. Così si comprenderà il significato dell’azione che crea l’opera.
Il significato dell’azione è spiegato dal mito. Il mito autentico fonda la visione del mondo di un popolo e fornisce i significati alle idee e alle parole, apre alla comprensione dell’ambiente circostante. In ogni mito l’eroe fondatore (Beowulf, Sigfrido, Eracle, Achille, Enea, Chuculainn, Aragorn, Conan, Harlock, Faust, Macbeth…) agisce e si fa carico della piena responsabilità delle proprie azioni. Se così non fosse non assolverebbe la propria missione, se così non fosse non avrebbe destino. In tal modo il mito diventa l’eredità primordiale della civiltà di riferimento, su di esso sorgono città e villaggi, regni ed eserciti. Attorno ai significati espliciti e reconditi del mito originario si raccolgono le norme non scritte che dettano per secoli la vita comunitaria. Quando la memoria va esaurendosi e i tempi declinano, allora nasce l’autentica scrittura che primariamente è affare religioso e rituale, opera di tradizione, cioè di conservazione e ripetizione del racconto fondativo che rischia di essere dimenticato.
È chiaro dunque che l’azione è prima di tutto un rito. Nel rito si raccolgono significato e significante, memoria e attualità. Ogni azione richiama, in qualche modo, il significato antico e primitivo tramandato dal mito. Solo la distorsione del linguaggio e la dispersione dell’autentico senso delle cose può provocare l’offuscamento e lo smarrimento dell’autentica azione.
La ricerca scomposta della distrazione mette davanti agli occhi la realtà dei fatti: il vuoto di senso. La risposta a quale sia il proprio ruolo e il significato della propria vita è, nella stragrande maggioranza dei casi, mancante. Affinché nuovi legami si stringano e nuovi (ma antichi) significati tornino a dare forza e spinta all’essere umano, è necessario che i fuochi dell’antico asse mitico europeo tornino ad ardere. In quanto è stato tramandato e che ancora viene custodito nascostamente nel linguaggio (pensiero e azione), sopravvivono le radici primordiali. Nel rito e nel simbolo l’uomo ritrova significati autentici e l’unione comunitaria e solidale di cui sente il bisogno. Nell’azione rituale si creano le condizioni per uno stile di vita estraneo a quello attuale, una cerchia di uomini legati tra loro da lealtà e riuniti attorno a un simbolo e alla stessa visione del mondo.
Questi sono sempre stati i fuochi da cui hanno avuto origine le nazioni e le civiltà. Sangue e suolo.