sabato 21 giugno 2008

Diritto dei popoli?



Si fa un gran parlare del diritto dei popoli all'esistenza e al possesso della loro terra. I ragionamenti attorno a tali questioni hanno molti dell'umanitario e del politicamente corretto, e colgono poco la realtà storica che chiama i popoli a prendere in mano il proprio destino e la propria storia.
E' davvero difficile credere che un numero più o meno ampio di persone, solo perchè vi sono nate, abbia un diritto inalienabile ed indiscutibile alla terra. In realtà nascere su un suolo è storicamente indifferente fintanto che non si prenda coscienza di ciò che si vuole essere, fintanto cioè che non si immagini un progetto secondo il quale dare una forma alla massa umana che si aggrega lì.
Se oggi il "popolo italiano" cessasse di sentirsi padrone del suo territorio nazionale, cessasse di goernarlo e di essere sovrano, cessasse di condividere un comune progetto (che è passato-presente e sopratutto futuro), se smettesse di lottare per la propria esistenza e i propri confini, allora questo "popolo" non avrebbe più alcun "diritto" alla terra che abita. Sarebbe davvero semplice per altre componenti, per altri popoli prendere possesso del territorio e costruirvi una storia del tutto diversa.
Non esiste alcun diritto originario dei popoli alla propria terra, nessun popolo possiede la propria terra finchè non diventa consapevole di ciò che è e vuole essere. Una consapevolezza di questo tipo si guadagna solo attraverso l'identificazione in un mito mobilitante e aggregante; la creazione di un'identità popolare che sappia formare e unire le componenti che occupano un suolo e sappia dar loro una direzione, sappia tracciare un solco su cui proseguire.
Ma una volta guadagnata la terra e una volta consolidato il suo dominio, nulla è scontato e le nuove generazioni devono sempre rinnovare il legame col mito identitario, devono saper attualizzare e portare avanti il senso del progetto che si è indicato nel passato. Perchè la storia non fa sconti e i popoli a-storici sono destinati a perire sotto l'avanzata di nuovi popoli conquistatori assetati di terre su cui regnare.
Continuamente richiamarsi e rinnovare il senso di ciò che gli avi della stirpe hanno segnato, mutando linguaggio e forme, ma mantenendo il senso del gesto creatore e sovrano di allora.
Il popolo che cessa di avere un destino perisce, smette di respirare la sua storia secolare e viene schiacciato dal peso dei secoli e dalla polvere del tempo.

sabato 14 giugno 2008

La sopravvivenza del più adatto



Nietzsche criticava del darwinismo il fatto che non necessariamente le specie qualitativamente migliori riuscissero a garantirsi la sopravvivenza, poichè spesso accadeva piuttosto che fossero quelle più belle e raffinate, a perire nel mondo animale. I bastardini di cane sono capaci di adattarsi a condizioni di vita più difficili rispetto a una cane di razza.
Non bisogna però dimenticare che il canone qualitativo così come la preferenza estetica accordata a un animale piuttosto che a un altro è cosa puramente umana, legata alla presenza e all'osservazione umana sulla vita animale. Ciò significa che allo stadio di natura, se la selezione naturale, ovvero la sopravvivenza del più adatto, risulta effettivamente operante, la lotta riguarda tutti indistintamente e non ammette distinzioni nè preferenze di alcun tipo. Leggendo Zanna bianca del grande Jack London ci si può forse rendere conto di cosa significhi la lotta per la sopravvivenza. Si consideri poi, che molte delle razze animali oggi esistenti sono del tutto artificiali, create dall'uomo, e inesistenti in natura. Dicasi lo stesso dei vegetali.
Le cose assumono un altro significato quando si consideri la selezione all'interno del mondo della specie umana. L'uomo ha avuto origine da una scelta che l'ha proiettato fuori dalla dimensione naturale e lo ha chiamato a "farsi da sé", a prendersi in mano e decidere ciò che voleva essere. Da questo inizio si sono prodotte le razze umane - che sono preferenze di tipo biologico ed estetico consolidatesi nei secoli - e le differenti civiltà. L'uomo è artificiale, è cioè il prodotto della sua arte creatrice.
La società umana è quindi del tutto artificale e costruita "a misura d'uomo", ed esclude quindi le leggi di natura, come ad esempio la selezione naturale. Ciononostante l'uomo ha sempre operato una selezione artificiale tra i suoi simili, e pure all'interno di società ben regolate il conflitto non è stato mai - fino a tempi recenti - escluso e sospeso, poichè esso è il motore della storia e ciò che per primo permette il rinnovamento di una popolazione. La stessa polis greca, come riporta Nietzsche, non escludeva il contrasto e l'agone dalla vita politica, ma ne faceva invece il mezzo codificato per la creazione di un'aristocrazia.
E' chiaro che il numero sproporzionato tende ad avere la meglio anche sui grandi uomini, e nella situazione attuale, in cui il contrasto di forze viene bandito dalla società, è la quantità e non la qualità ad avere la meglio. Non una gerarchia naturale di uomini di valore, ma una burocrazia di incapaci e ventri flaccidi. In un clima come l'attuale anche chi fosse pronto a lottare per il posto da occupare nella società, anche chi ambisse a un'esistenza qualitativa, finirebbe col venire sopraffatto.
Ma ciò che salva è prima di tutto la presa di coscienza, riacquistare la consapevolezza della propria forza e della propria potenza, per poter poi condurre una lotta quotidiana lenta ma inesorabile per la sopravvivenza e il consolidamento di uno stile differente da quello dominante.