martedì 15 luglio 2014

Sacrificio


Il cielo è nero, il mare una distesa di grigio scuro e la sabbia è bruna, intrisa del sangue dell’uomo che ho ucciso.
Io ultima figura di un bianco smorto sull’orlo del nulla. Spingo lo sguardo fin dove può arrivare. Sfuggenti riflessi cobalto attraversano il cielo dove le stelle sono morte e il sole si è spento. L’orbita cieca della Terra si è arrestata, il magnetismo è collassato. é l’era dei cataclismi.
La banchina di pietroni si distende come un tentacolo abbandonato a bordo dell’acqua morta, putrescente. E nel buio non c’è luce, solo livide sagome di muretti e chioschi in lontananza e pochi segni del passaggio dell’uomo.
I miei passi sprofondano nella sabbia rossastra. Osservo il morto. Intravedo i lineamenti e la fisionomia. Nella mia mano stringo ancora la pistola.
In fondo tutto ciò che non vediamo non esiste. Quale uomo può esistere senza altri uomini? Al di fuori della società degli uomini cosa resta?
La Terra è un astro morente in un universo oscurato. La parabola mortale è arrivata al suo epilogo e non ci sono testimoni. Il grido muto della vita che svanisce si perde nel nero stellare, come polvere senza ritorno.
Come siamo arrivati a questo è difficile dirlo. Sembra una notte eterna che ingoia ricordi e realtà. Non si vede quasi niente attorno, ho dimenticato i colori e la luce.
Non resto che io. E anche ci fosse qualcun altro, non lo saprei e non farebbe differenza. è scesa la fine inesorabile su tutto ciò che conoscevamo. Il mondo è un’invenzione dell’uomo. Ora non resta che il buio. Abito il buio. Cammino nel nulla. è il tempo dell’indifferenziato e dell’immobile e silenzioso movimento di pianeti freddi, grigi e morti.
Non ricordo chi fosse l’uomo che ho ucciso. Forse era un amico, forse uno sconosciuto. Non so come sia arrivato qui, con me.
Mi ha chiesto di ucciderlo.
Gli ho domandato perchè avrei dovuto farlo.
Perchè morire senza che nessuno lo sappia è come non morire, ha risposto.
Non capivo.
Significherebbe smarrirsi nell’indifferenza di questo pianeta di ombre, ha cercato di spiegarmi.
Mi faceva male la testa e questi pensieri mi affaticavano. Non lo seguivo. lo vedevo a malapena e non distinguevo i lineamenti.
Sei solo stanco. E folle. Gli ho risposto.
No. Tu non capisci, ha detto. Noi stiamo svanendo, le nostre vite e i nostri ricordi stanno soffocando e prima che sia troppo tardi, prima che di me non resti nulla, voglio conservare il mio essere.
Non sono un assassino.
Non sei un assassino. Non lo saresti in nessun caso. Non esiste più un mondo, non esistono più leggi, non esiste più nulla. Posso fare da solo se preferisci.
Per un arco di tempo indefinibile abbiamo taciuto. Fissavo i paraggi, sforzandomi di distinguere qualche forma, cercando di ricordare qualcosa. Lui vicino a me.
Come siamo arrivati a questo? Ho domandato.
Non lo so, ma era una cosa che dovevamo mettere in conto.
In che senso?
Non siamo che uno dei molti pianeti nell’universo e non siamo che una delle molte forme di vita. Il nostro tempo è finito.
Siamo ancora vivi però.
Non per molto. E in ogni caso non fa alcuna differenza. Il mondo si è vestito a lutto e la cosa più ragionevole che possiamo fare è accettare la fine finchè è ancora possibile averne una.
Morirò anch’io, dopo che ti avrò ucciso, ho risposto.
Credo mi stesse fissando nel buio, quando mi rispose - no, tu non morirai davvero, è un lusso che non potrai permetterti. Perchè sarai solo, dimenticato e senza ricordi. Ti esaurirai, sparirai, ma la morte ti terrà lontano da sé.
Cazzate.
Non importa cosa pensi, sparami e basta.
Passò qualche istante. Alzai il braccio e puntai la pistola alla sua testa. La mano sembrava perdersi nel nulla circostante.
Il lampo dell’esplosione illuminò per un istante il volto dell’uomo e il grumo di sangue che si aprì dalla sua testa. Poi tornò il silenzio.
Questa è l’ultima storia che posso raccontare. è l’ultimo ricordo ancora vivo in me. Forse è l’ultimo lampo dell’essere umano che ero.

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