Im Anfang war die Tat
Accade spesso di considerare la
propria esistenza – non: vita – come
una noiosa ripetizione di cose già fatte. Così la parola week-end assume un
significato tutto particolare, in sé sembra custodire una ricchezza quasi
inesauribile di possibilità, svago, rottura della routine. Il lavoro, per chi
lo ha, diventa una catena in cui non ci s’inserisce come un forte anello dal
fondamentale ruolo di collegamento a fianco degli altri, ma come polvere
ferrosa senza alcuna funziona effettiva. Perciò si cercano la “liberazione”, la
fuga e il divertimento.
Eppure neanche gli svaghi del
fine settimana, le notti bianche, i locali notturni, i grandi eventi sportivi,
le vacanze costose e quant’altro bastano a colmare la inesauribile sete di relax e distrazione dell’uomo del XXI
secolo. Cosa c’è di sbagliato in tutto questo? Perché questa insoddisfazione,
nonostante la vasta scelta e la libertà da ogni vincolo?
Qualsiasi essere umano che abbia
riflettuto ad un certo punto sulla propria condizione si sarà reso conto di
sentire la mancanza di qualcosa di profondo, reale, concreto e duraturo – un
qualcosa che non può essere fornito dal centro commerciale di fiducia o dal
barman di turno. Questo qualcosa è il ruolo
comunitario a cui ciascuno, in fondo, aspira. Avere un ruolo significa
avere una funzione, avere una funzione significa avere doveri e responsabilità;
avere doveri e responsabilità significa dover rispettare regole e leggi, spesso
non scritte.
La ricerca scomposta dello svago
e del tempo libero più che una conquista è una perdita, una caduta. Per l’uomo
antico, come anche per quello medioevale, riposo e divertimento erano parte
integrante di una precisa scansione temporale ciclica, all’interno della quale
il lavoro e la tradizione erano pilastri portanti. Se oggi si fa un gran
parlare di diritti di ogni genere, l’autentico spirito europeo si è nutrito di
doveri, piccoli e grandi compiti da assolvere, obbiettivi da raggiungere –
anche impiegando generazioni.
La scadenza temporale delle
festività della fertilità o le rappresentazioni tragiche elleniche, per
esempio, erano momenti fortemente rituali, in cui la comunità dei pari si
riuniva e si ritrovava nel rispetto delle consuetudini tradizionali e delle
leggi non scritte della comunità. In questo modo si riannodavano i legami di
solidarietà, la memoria delle proprie radici nel mito originario e si dava
nuovo vigore alla volontà operativa del popolo.
L’incapacità dell’uomo di oggi di
reggere lo stress ne dimostra a tutti
gli effetti la debolezza e l’inadeguatezza. È l’erede delle lotte sociali,
delle battaglie per i diritti, dell’utopia dell’uguaglianza globale e della
diffusione capillare della tecnologia, ma è incapace di reggere responsabilità
e fatica senza il supporto di medicinali, psichiatri e personal coach. A cosa
sono servite le battaglie per i diritti? Cosa resta nelle mani degli europei
quando la marea del benessere consumistico si ritira? Sulla sabbia restano solo
i gusci di un’eredità sepolta e sbiadita che possono e devono essere
ricostruiti e resi nuovamente vivi, affinché si torni a vivere in accordo alla
natura virile sorta dall’aurora europea.
L’illusione assai diffusa è che
la libertà consista nel poter fare ogni cosa quando lo si desidera, senza
doverne pagare le conseguenze. Qualcun
altro si prenderà la responsabilità dell’errore. Il vuoto lasciato da
questa concezione della libertà è però evidente e fortemente diffuso.
L’autentica libertà è qualcosa di diverso da quanto oggi si crede, la libertà
si realizza dell’orgoglio del proprio ruolo e della propria responsabilità,
nella ricerca costante della virtù.
Abilità, conoscenza,
responsabilità, intuito sono tutte parti di un mosaico che compone l’azione
concreta ed efficace. L’uomo europeo è l’uomo d’azione, perché nell’agire egli
realizza la sua capacità creativa e operativa, il suo grande orgoglio è la sua opera. Perciò l’inoperosità e l’ozio a
cui nel XXI secolo invitano la TV e le giornate al centro commerciale sono
l’esempio lampante dello sradicamento dalla realtà vitale dell’essere umano e
del mondo.
L’essere autentico dell’uomo deve
addestrarsi alla tensione, rafforzando le proprie debolezze, smussando la
pigrizia, mettendo a tacere il disfattista che è sempre in agguato in ogni
persona. Ridurre all’essenziale i propri bisogni, raffinare e indurire il
proprio essere, giungere al nucleo vitale e pulsante della vita e comprendere
così a fondo e realmente il proprio compito, il proprio destino, per
conquistare la libertà virtuosa del dovere.
Ogni essere umano è un anello in
una catena. Ogni catena è forte quanto il suo anello più debole. Perciò
ciascuno che sia parte di una comunità dovrà addestrarsi alla forza, al
miglioramento di sé. Imparare ad essere lucidi e operativi al massimo grado
sotto pressione, autocontrollo e disciplina. La libertà sorge dal controllo di
sé e dei propri bassi impulsi. Così si comprenderà il significato dell’azione
che crea l’opera.
Il significato dell’azione è
spiegato dal mito. Il mito autentico fonda la visione del mondo di un popolo e
fornisce i significati alle idee e alle parole, apre alla comprensione
dell’ambiente circostante. In ogni mito l’eroe fondatore (Beowulf, Sigfrido,
Eracle, Achille, Enea, Chuculainn, Aragorn, Conan, Harlock, Faust, Macbeth…)
agisce e si fa carico della piena responsabilità delle proprie azioni. Se così
non fosse non assolverebbe la propria missione, se così non fosse non avrebbe destino. In tal modo il mito diventa
l’eredità primordiale della civiltà di riferimento, su di esso sorgono città e
villaggi, regni ed eserciti. Attorno ai significati espliciti e reconditi del
mito originario si raccolgono le norme non scritte che dettano per secoli la
vita comunitaria. Quando la memoria va esaurendosi e i tempi declinano, allora
nasce l’autentica scrittura che primariamente è affare religioso e rituale,
opera di tradizione, cioè di conservazione e ripetizione del racconto fondativo
che rischia di essere dimenticato.
È chiaro dunque che l’azione è
prima di tutto un rito. Nel rito si raccolgono significato e significante,
memoria e attualità. Ogni azione richiama, in qualche modo, il significato
antico e primitivo tramandato dal mito. Solo la distorsione del linguaggio e la
dispersione dell’autentico senso delle cose può provocare l’offuscamento e lo
smarrimento dell’autentica azione.
La ricerca scomposta della
distrazione mette davanti agli occhi la realtà dei fatti: il vuoto di senso. La
risposta a quale sia il proprio ruolo e il significato della propria vita è,
nella stragrande maggioranza dei casi, mancante. Affinché nuovi legami si
stringano e nuovi (ma antichi) significati tornino a dare forza e spinta
all’essere umano, è necessario che i fuochi dell’antico asse mitico europeo
tornino ad ardere. In quanto è stato tramandato e che ancora viene custodito
nascostamente nel linguaggio (pensiero e azione), sopravvivono le radici
primordiali. Nel rito e nel simbolo l’uomo ritrova significati autentici e
l’unione comunitaria e solidale di cui sente il bisogno. Nell’azione rituale si
creano le condizioni per uno stile di vita estraneo a quello attuale, una
cerchia di uomini legati tra loro da lealtà e riuniti attorno a un simbolo e
alla stessa visione del mondo.
Questi sono sempre stati i fuochi
da cui hanno avuto origine le nazioni e le civiltà. Sangue e suolo.