domenica 2 agosto 2009

La politica del conflitto




La politica è essenzialmente e costitutivamente conflittuale. E' un confronto tra fazioni che richiede differenza e quindi identità. Solo nel confronto-conflitto ciascuno dei contendenti trova e completa la propria natura.
La tendenza occidentale sicuritaria, costruita su paure fittizzie e agitate dai media, conduce inevitabilmente a una società appiattita, sommersa dal controllo sociale e da una soffocante cappa di conformismo. L'impulso alla sicurezza, il terrore del dolore, dell'ignoto che con tanta insistenza viene fuori in questi anni; tutto questo è il freno della politica comunitaria.
Chiusi nelle proprie campane di vetro i popoli stanno come pecore nel recinto, si fanno guidare e proteggere, incapaci e irresponsabili. Un genuino istinto libertario, comunitario e ribelle indica la via della lotta e del contrasto come sola possibilità di restituire il primato assoluto e irrevocabile alla politica agita in prima persona.
La resonsabilità che ciascuno ha è notevole: sulle spalle di ognuno pesa la continuità della stirpe, ma sopratutto la scelta di prolungare un destino storico, una missione primordiale.
Ecco quindi che il concetto di politica esce dai canoni usuali: non partito, non affarismo, ma compito, rivolta, azione e conquista.
In una tale ottica nel caos della conflittualità, nella produttiva rottura rappresentata dalla rivolta emergono i germi della selezione e della riconquista destinale. La mutazione antropologica necessaria, il risveglio della forza contro il torpore, rompono la quiete e chiamano all'azione. La selezione avviene sul campo e l'idea burocratica di spezza di fronte al crearsi di una comunità di tipo tribale, in cui conta la funzione di tipo organico e non il singolo.

sarà necessario tornare su questo punto.
(f.)