domenica 13 aprile 2008

Al di là del bene e del male



Che cos'è la felicità? La sensazione che la potenza cresce, che si sta superando una resistenza. (F.W. Nietzsche, L'anticristo 1888)

Un problema costante che si pone l'uomo è la distinzione in bene e male. E' piuttosto condivisa l'idea che vi sia un "bene" universale e, di conseguenza, un "male" universalmente riconosciuto. In realtà le cose stanno diversamente, ed è la vita stessa a contraddire nella sua disarmante semplicità questa credenza frutto di poca profondità.
E' davvero semplice e rassicurante dirsi a vicenda "questo è bene e questo è male", segnare un limite a ciò che si può fare (o si deve...) e indicare quindi ciò che bisogna evitare. La morale nasce inevitabilmente dalla distinzione in bene e male, ma la morale, il concetto stesso, si pretende universale e perciò intende omologare gli uomini al di là delle differenze sotto dei principi "superiori".
L'uomo tende certamente a distinguere ciò che è bene da ciò che è male, ma ogni buona concezione della vita, ogni sana idea dell'uomo, non concepisce nè l'idea di bene come un qualcosa di immutabile e assoluto, nè tanto meno come un qualcosa di condiviso da ogni uomo.
L'idea di bene - da cui discende conseguentemente anche la definizione di virtù - è frutto di una visione delle cose, sgorga dalla spontanea visione dell'uomo, dalle sue esperienze. Slegare l'idea di bene dalla vita, dall'esperienza, significa farne pura teoria e astrazione, quando invece ogni popolo vitale e solare, ha sempre ritenuto "buono" solo ciò che rendesse forte e sana la vita. Non tutti gli uomini hanno la stessa idea di bene, e non tutti quindi condividono la stessa scala valoriale. Ma sostanzialmente le visioni dell'uomo sono due:
coloro che vedono nella vita una sofferenza, una caduta che va espiata, un peccato o comunque una valle di lacrime e credono che l'uomo sia sempre affetto e perseguitato dalla malattia (ad es. Freud). Gli altri invece vedono nella vita l'espressione di una forza e di una potenza, della natura profonda dell'uomo, la sua creatività realizzata e la sua sfida incessante alla natura. Vedono nell'uomo un qualcosa di sano e che tende alla potenza. (ad es. Nietzsche, Spengler, Faye).
La seconda concezione colloca la vita al di là del bene e del male. Non perchè l'uomo non scelga e definisca di volta in volta in modo arbitrario ciò che è per lui bene, ma perchè riconosce e rispetta il primato della vita su ogni teoria, afferma il primato della potenza che si esprime nel mondo attraverso l'uomo.
La potenza esprime la tensione a nuove sfide, l'innarrestabile avanzata dell'uomo storico sul suo cammino, conferma una scelta, e si distende sulla superficie circostante spazzando via con la sua forza ogni teoria preconcetta. La potenza vitale è al di là del bene e del male perchè è e non può essere contestata, trattenuta o frenata, essa esprime la pura energia primordiale.
La potenza si espande sul piano orizzontale, come un impulso scaturente dalla volontà dell'uomo. Come una goccia che cada su una superficie immobile e piatta d'acqua. Al suo tocco l'acqua s'incresperà e forse tracimerà dal contenitore.

venerdì 11 aprile 2008

La nostra sfida



Ci troviamo calati in una realtà problematica, in cui si sente il peso della crisi in ogni aspetto della vita. A problemi fondamentali non si sanno trovare risposte e il senso di inadeguatezza cresce. Soluzioni tampone e temporanee non riescono, ovviamente, a recuperare le cose. Siamo in attesa.
Ma mentre aspettiamo - Godot? il messia? l'Avatara? - il tempo passa e la nostra civiltà si sgretola lentamente per la nostra incapacità, sopratutto per carenze culturali. Abbiamo paura della tecnologia e delle sue conseguenze? Non siamo arrivati sino a questo punto casualmente, se è vero che esiste un destino. E solo chi ha un destino rovina. Ed è meglio rovinare che attendere che qualcosa accada.
In realtà, nelle situazioni estreme emerge anche l'elemento salvifico, quella luce che traghetta fuori dall'oscurità. Ma per giungere a questo punto bisogna prima spingere gli avvenimenti e la storia alle estreme conseguenze, dire sì al proprio destino, all'accumularsi di scelte e passato, e farlo esplodere nel momento decisivo. L'uomo si sente inadatto alle sfide attuali? Ebbene, Nietzsche lo disse chiaramente, l'uomo è un qualcosa che dev'essere superato. Se la volontà stessa dell'uomo storico l'ha condotto sin qui, allora farsi carico di quella scelta significa accettarne le conseguenze. Spingere ad un superamento di sé l'uomo, trovare il punto in cui egli divenga capace a sostenere le sfide del futuro.
L'uomo che sappia davvero comprendere la tecnica, non è chi la rifiuta, ma è chi la coglie come un destino e se vogliamo una missione che va rinnovata. E', in fondo, nel suo DNA: già l'utilizzo della mano anticipa all'alba della storia il futuro più lontano.
La radice dei problemi contemporanei è il nichilismo che, si dice, si lega alla tecnica. Sembra davvero vile e incapacitante, a questo punto, non trarre le estreme conseguenze. Mancano i valori, l'osservazione scientifica ha nullificato il mondo? Non sembra davvero giustificabile l'attesa, ma è forse meglio progettare un avvenire, un progetto costruito sulal volontà di accettare e scegliersi un destino.
Si vuole annullare la tecnica? Allora si azzeri davvero quanto ottenuto fino ad oggi per arrivare a un mondo alla Mad Max, in cui la lotta per la sopravvivenza sia cosa necessaria e necessaria. Ma come può, l'uomo di oggi, anche solo pensare una condizione del genere, di conflitto e pericolo costante?
E allora forse è preferibile, sulle orme di Prometeo, accettare la sfida, pensare e progettare il superamento della condizione umana attuale, preparare un nuovo tipo d'uomo, pronto di fronte alla tecnica e alle sue insidie, ma non di meno capace di farvi fronte. Negli anni a venire si anticipa una mutazione antropologica, come già avvenne nella Grande Guerra. Nuove condizioni di vita richiedono nuovi comportamenti, e la selezione che si preannuncia è del tutto artificiale, cioè in sostanza causata dall'azione umana nel corso della storia. Siamo giunti sin qui per la scelta dell'uomo europeo, che è uomo tecnologico, è l'uomo che modificando il mondo modifica anche se stesso.
A noi scegliere se fermarci e cessare d'essere, o avanzare e rischiare.