giovedì 24 ottobre 2013

Il conflitto delle mitologie






Secondo Nicolas Gomez Davila “La storia è un conflitto più tra mitologie che tra brame avverse”. Dire che la storia è una lotta tra mitologie opposte significa ripetere quello che Nietzsche diceva con parole diverse, e cioè la storia è il conflitto di opposte volontà di potenza.

L’Europa oggi è sorretta da un mito estraneo, un mito che ha offuscato la grandezza della civiltà europea a favore del benessere Occidentale. I miti di oggi provengono da lontano e le loro origini vanno collocate in un seme comune che ha germogliato e si è diffuso ovunque come l’erba cattiva. Alla luce di questo è necessario svelare i punti cardine di una riscoperta dell’autentica essenza storica europea e quali possano essere le coordinate da seguire per un suo risveglio.

Il mito iperboreo ha avuto infatti molteplici espressioni storiche, siano esse politiche, culturali, estetiche e quant’altro. Il fatto significativo è però che la sua influenza non ha cessato di agire nel tempo ed anzi nel corso della storia ha saputo provocare delle irruzioni, delle rotture temporali, di entità più o meno vasta e di peso più o meno significante. Il pensiero va alle invasioni barbariche, al Rinascimento, al Romanticismo fino ai Fascismi. Momenti di risveglio comunitario.

Il mito è infatti una forza storica, esso è il linguaggio originario che influenza e dà forma al pensiero e all’azione. Il mito non solo è chiarificato dalla storia, ma è appunto esso stesso un elemento storico, il mito infatti guida gli eventi e li spiega a un grado di comprensione più profondo.

La riscoperta delle radici autentiche richiede una riscoperta del mito originario, attraverso una tale opera di scavo può prepararsi la rigenerazione della storia. 
I pilastri attorno a cui progettare la propria azione sono due: il clan e la famiglia. Essi sono alla base della fondazione di ogni civiltà originaria indoeuropea e solo nel momento in cui, potenti e vitali, si ritrovano congiunti stringono un legame fondativo. Il destino si compie su basi ontologiche radicate in un luogo e in un mito: idee senza parole, agire intuitivo. 

lunedì 21 ottobre 2013

18.X.2013 Il risveglio del Mito indoeuropeo


L'incontro tenutosi venerdì 18 ottobre 2013 presso lo Spazio Ritter di Milano assieme a Luca Leonello Rimbotti e Maurizio Rossi è stata l'occasione per ribadire delle idee fondamentali per la nostra azione quotidiana.
Alla base di un eventuale risveglio dell'uomo europeo autentico ci dovrà essere il riconoscimento automatico e naturale del mito integrale a cui si appartiene. Perciò il legame con la propria terra e l'essere di buon sangue sono aspetti decisivi.
La decadenza si vince nella prospettiva di vigorosa affermazione del mito gioioso e vitale della forza e dell'onore, di contro alle cupe storture di oggi che nulla hanno a che fare con l'autentico spirito europeo.
Movimenti politici e culturali del passato hanno spezzato la continuità storica e hanno mostrato l'irruzione più o meno riuscita dell'autentico mito indoeuropeo. Sono una riscoperta e una attualizzazione della memoria della stirpe può preparare una rigenerazione della storia. L'origine sta davanti all'uomo dalla lunga memoria e dalla desta capacità operativa.
Ritorna l'era dei clan e del nucleo famigliare, i pilastri fondativi di ogni civiltà. L'azione si purifica nella meditazione e nell'incontro con menti lucide, evocatrici di prospettive storiche ulteriori e potenti.
Ad majora!

sabato 5 ottobre 2013

I segni del combattimento

Sul tatami non puoi mentire neppure a te stesso.

Sei quello che fai. Non le parole ma le azioni contano.

Lasciare a ciascun il proprio cammino e le proprie scelte, osservare e imparare. Ogni storia è una lezione.

Chi è consapevole della sua forza non sente il bisogno di sfoggiarla. La custodisce e la risparmia per il momento di reale bisogno.

La paura del dolore o della severità nasconde una fragilità interiore irrisolta. A una serena accettazione della disciplina e della durezza si accompagna la saldezza di carattere.

Un uomo non deve fidarsi più di una donna che di un uomo. Mutevole come l'acqua è l'animo femminile, indissolubili sono quei legami che nel tempo saldano tra loro gli uomini. Pochi amici ma fidati e provati dal
tempo.

L'onore personale si regge sulla parola data. Nell'impegno preso e nel suo adempimento si mostra il valore di un uomo.

venerdì 4 ottobre 2013

L'uomo è un albero

L’essere umano è come un albero. Questa semplice verità era ben nota
agli antichi popoli europei e si rifletteva nella religione, nella vita
comunitaria e nel lavoro.
Con il Neolitico avviene una svolta decisiva nella storia dell’uomo con
la nascita dell’agricoltura. Avviene un cambiamento radicale nel modo di
stare nel mondo e cambia anche la percezione dell’ambiente circostante.
A differenza delle altre specie animali, l’uomo ha una particolarità
specifica, egli non soltanto vive in un ambiente, ma lo abita. Abitare e
costruire sono due fondamentali componenti dell’essere umano e della sua
stessa ‘natura’.
I gruppi umani che da nomadi divennero stanziali iniziarono a sviluppare
un’organizzazione di tipo comunitario. Da un’economia di caccia e
raccolta si passò in modo naturale e spontaneo alla fondazione di
villaggi agricoli. Fondamentale a questo proposito è lo sviluppo delle
abilità creative umane. La capacità di progettare e costruire, tracciare
il perimetro ed erigere un’abitazione, costituiscono le basi
fondamentali dell’esistenza autentica dell’essere umano. Al di fuori
della vita comunitaria, al di fuori della compartecipazione attiva,
esiste solo l’individualismo.
Se l’essere umano non si fosse organizzato in gruppi organici, in cui
ciascuno assolveva a una funzione assegnata, se non avesse sviluppato
appieno le possibilità del suo essere nel mondo, la specie umana sarebbe
rimasta allo stato preistorico puramente animale.
Il rifiuto della compartecipazione attiva, delle gerarchie naturali e
delle funzioni comunitarie non ha il senso di una liberazione, ma è un
arretrare rispetto alla pecualiarità umana e al suo destino. Aristotele
sosteneva che l’uomo è un animale politico, cioè è portato naturalmente
e sin dagli albori alla vita in comune. Il rifiuto di qualsiasi forma di
organizzazione sociale porta a una forma di libertà dell’individuo che
si riduce infine a egoismo, narcisismo e sterilità.
Tracciare il perimetro del proprio clan e della propria comunità diventa
l’atto fondamentale che serve a distinguere noi e loro, l’ordine
concreto degli uomini dal caos della natura. Natura che ogni agricoltore
conosce nella duplice veste di madre e distruttrice. Essa da frutti ma
anche aggredisce continuamente le costruzioni e i solchi tracciati
dall’uomo, il quale è impegnato in una costante lotta con gli elementi.
Da quanto detto si capisce il senso dell’insegnamento antico. L’uomo è
un albero. Cresce e da frutti quando è radicato in un territorio.
L’organismo prospera ed è sano quando compartecipa del mondo
armonicamente, in un equilibrio sempre minacciato. Perciò l’uomo
attraverso la sua opera primordiale ha conosciuto il significato del
prendersi cura dei suoi simili e dell’ambiente circostante, inserendosi
attivamente in un equilibrio naturale e del tutto spontaneo.